La Robiola di Roccaverano ha origini molto antiche; testimonianze lo fanno risalire al periodo celtico-ligure, in seguito raccontato da Plinio e Pantaleone, che ne apprezzarono le qualità e ne illustrarono il ciclo produttivo. Il suo nome richiama sia il latino “robium”, con riferimento al colore rossiccio della parte esterna della pasta, sia il nome del paese di Roccaverano nell’astigiano da dove si è originato il prodotto. In un manoscritto a firma del Sacerdote Pistone del 1899 viene riportata la storia dal 960 al 1860 della Parrocchia di Roccaverano e delle sue frazioni; fra le notizie storiche di interesse politico emergono anche elementi di ordine economico che servono a mettere in rilievo l’importanza della “Robiola”.

In tale manoscritto si legge che nel Comune di Roccaverano venivano tenute cinque fiere l’anno e in tali occasioni si vendevano per esportazione “eccellenti formaggi di Robiole”. Si parla esplicitamente di esportazione perchè la Robiola di Roccaverano già in tempi remoti era un formaggio conosciuto ben oltre i confini nazionali. Emerge perciò come già da allora la Robiola non fosse ritenuto un qualsiasi formaggio generico, proprio in virtù delle sue caratteristiche diverse da tutti gli altri formaggi.

La Robiola di Roccaverano è l’unico formaggio DOP italiano che può essere prodotto esclusivamente con latte caprino, con latte caprino e vaccino, con latte caprino e ovino. Deve comunque essere sempre presente almeno il 50% di latte di capra, il restante 50% può essere latte di pecora o di vacca. La Robiola di Roccaverano è un formaggio a pasta fresca, la maturazione dipende della microflora lattea presente nel latte lavorato esclusivamente a crudo senza la presenza di fermenti aggiunti. L’alimentazione base delle vacche, capre e pecore deve essere costituita da foraggi verdi o conservati. L’attuale disciplinare prevede il divieto di utilizzare mangimi OGM. Si produce maggiormente dalla primavera al tardo autunno.

 

(testo da www.robioladiroccaverano.com)